domenica 18 gennaio 2009
32^ Marcia di S. Antonio
Zinasco Vecchio, 25 gennaio 2009
S. Antonio Abate, monaco anacoreta vissuto in Egitto nel III sec. DC, seguì la vita solitaria di preghiera e povertà, che già altri monaci facevano nei deserti attorno alla sua città.
Costui fu di ispirazione ed esempio per alcuni monaci francesi dell’undicesimo secolo, che fondarono una confraternita per assistere e curare i pellegrini in transito nel Sud della Francia.
I quali scoprirono che una malattia, l'herpes zoster, una malattia che si manifesta con eritemi e vescicole molto dolorosi simili ad ustioni, si poteva curare e sedare il dolore, spalmando su l’eritema il grasso di maiale anziché polveri antisettiche. Da qui questa malattia prese il nome di Fuoco di S. Antonio.
Da allora, l’iconografia classica, lo raffigura sempre assieme ad un maialino ed un fuoco acceso.
Questa mattina però, di fuochi accesi, c’erano solo quelli dei pentoloni per cucinare le salamelle da dare all’arrivo dei marciatori.
Sebbene la mattinata non fosse delle migliori, ci siamo ritrovati numerosi alla partenza di questa corsa e avviati per il percorso classico in mezzo la campagna, non ci è rimasto che calpestare la neve residua presente ancora nei campi.
Questa poi, con la temperatura al di sopra dello zero, era fradicia e scivolosa che ci ha impegnato in slalom per scansare le numerose pozzanghere.
Di buono in tutto ciò, c’era lo spettacolo del panorama invernale, che se non fosse per qualche chiacchiera occasionale, era di un silenzio totale.
Il tempo scorre e la strada non si sente se la compagnia è quella buona, anche perché tra maschietti, più che di donne e bottiglie di vino il discorso va a parare.
Si arriva così all’arrivo che il ristoro è quello buono, perché il fuoco visto in partenza non era acceso per caso e le salamelle con il vin brulé che abbiamo mangiato, era in partenza già tutto calcolato.
Angelo
Indovinello: Su l’ultima foto chi riesce a distinguere i salami?
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